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"IL SOLITARIO DELLE ALPI"
I grandi eventi di Francia, che sulla fine del settecento avevano sconvolto l'Europa, in Italia avevano fecondato il germe di quelle Idealità che da secoli sembravano assopite. Così si accentuava quel risveglio che, alimentato da patriottico zelo, preludeva alle lotte per la Libertà e la indipendenza del secolo seguente, mentre in Arte si profilava quel realismo romantico, che, contrapponendosi alle fantasticherie pastorali dell'Arcadia, apriva un più vasto e profondo campo al pensiero e all'estro dei poeti.
In Ambrogio Viale, che, nato a Cervo il 3 dicembre 1769, aveva quasi ancora adolescente assunto il nome arcadico di "Solitario delle Alpi", le due tendenze si sovrappongono e si completano dando vita ed espressione al repubblicano e al poeta: al Cittadino e al Solitario.
Ma più del poeta è la figura del Cittadino Viale che qua intendiamo rievocare.
Egli fu Repubblicano, e lo fu in un'epocadi servilismo, quando questa parola assumeva, anche nella Repubblica di Genova, basata su una oligarchia nobiliare, un significato di ribellione alle antiche istituzioni, di aspirazione e radicali riforme, di minaccia contro comode e privilegiate posizioni.
Erano chiamati Innovatori coloro che, come il cittadino Viale, le nuove idee avevano accettate con entusiasmo, sostenute con fede, difese con fermezza anche di fronte alla reazione.
Qualche storico ce li presenta come degli esaltati che traevano alimento dalle cose antiche di Grecia e di Roma, come degli Utopisti che, bramosi di riforme, miravano alla Francia come apportatrice di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza fra i popoli.
Oggi si può dire che furono dei precursori: precursori dei Carbonari, precursori degli affigliati alla Giovine Italia di Mazzini. I primi versi del Solitario sono infatti ispirati alle glorie della repubblica Latina. Sono le Ombre Famose di Bruto, Catone, Scipione che alimentano la sua fiamma e lo richiamano alla virtù, è la figura del Console Manlio, giudice severo del figlio, che desta in lui ammirazione e commozione, sono le congiure contro i primi Dittatori che, esaltando il suo spirito, danno calore al suo verso.
L'Italia gli appare inerte, effeminata, dimentica di un passato glorioso, priva di serietà e di decoro perchè serva. Come nell'anniversario della riscossa genovese del 1746, cantò la cacciata dei tedeschi dal patrio suolo per opera del popolo, con lo stesso calore canterà in un'Ode patriottica la Proclamazione della Repubblica Ligure volutadal popolo. Per le sue idee conobbe l'esilio. Sui vent'anni è costretto a lasciar Genova: si ritira nella sua Cervo ove si apparta "fra gli amici silenzi, in ozio oscuro, in muta solitudine" e divide il suo tempo fra le cure della caccia e la lettura dei Poemi dell'Ossianda cui trae lugubre ispirazione. Poi, sospinto da Iniqua sorte, è costretto a lasciare anche Cervo e, valicate "del gran padre Appennin l'ispide cime" giunge a Torino ove trova più cortese accoglienza. Si fa subito notare nei circoli letterari nei quali è ammesso; estende le sue amicizie; si procura nuova fama con i suoi versi. La sua musa si fa più guardinga, il suo indomabile spirto repubblicano sembra raffreddarsi, ma le nuove Idee non lo abbandonano, chè anzi fanno, in quell'ambiente colto e sensibile, sempre maggiori proseliti, tanto che nel 1794 i Circoli Letterari vengono dal re sabaudo considerati pericolosi quanto le riunioni delle sette segrete.
Per il Solitario anche a Torino più non spira aria propizia: lascia la città e torna in Patria.
Intanto le Milizie Francesi già hanno percorso la Riviera di Ponente; il popolo ovunque le ha acclamate come liberatrici; in molte località, fra cui Cervo, è stato piantato l'Albero della Libertà.
La Repubblica di S.Giorgio, che già aveva, nella guerra mossa dai regnanti europei contro lo stato popolare di Francia, proclamata la sua neutralità, tenta resistere alle lusinghe francesi, ma il popolo si agita, gli Innovatori si fanno più arditi, sommosse e reazioni si susseguono finchè, dato alle fiamme il libro d'oro della nobiltà, i repubblicani, incoraggiati dai legali francesi, riescono ad impadronirsi della situazione.
Aboliti gli antichi privilegi, L'Assemblea Popolare, in cui il cittadino Viale è ammesso come rappresentante, proclama la Repubblica Ligure.
Nei comizi del del 1798 egli viene eletto membro e poi presidente del Consiglio dei Giuniori e vi porta, con la sua fede repubblicana, il lume del suo talento e l'esempio delle sue virtù. Già la sua Ode per la Proclamazione della Repubblica Ligure gli aveva procurato consensi ed onori mentre, a riconoscimento dei suoi meriti letterari, era stato nominato Membro Residente dell'Istituto Nazionale Ligure (Classe di Letteratura Filosofia e Belle Arti).
Nel novembre di quello stesso anno1798 il Viale, sentendosi più inclinato allo studio letterario che a quello relativo alla legislazione, presenta ai colleghi del Consiglio le sue dimissioni che però non sono accettate. Sebbene sembri arrendersi alle insistenze dei colleghiche lo invitano "a seguire gli impulsi dello zelo e patriottismo, con cui aveva servito la Repubblica in qualità di Rappresentante, e a non voler privare dei suoi lumi l'Assemblea", nell'aprile del 1799 ritorna ad insistere per essere esonerato dal mandato, avvalorando le sue dimissioni con motivi di salute.
Libero da ogni impegno può appartarsi dalla vita pubblica seguendo gli avvenimenti i quali dopo che gli Austriaci, incoraggiati da alcune vittorie, avevano assediato Genova difesa dal generale Massena, portano Napoleone, rientrato dall'impresa di Egitto, alla vittoria di Marengo.
Dopo Marengo, il Cittadino Viale è ancora una voltaindotto a lasciare il tranquillo soggiorno cervese, chiamato dal Direttorio della Repubblica Ligure a coprire, sino al 1801, la carica di Commissario di Governo nella Giurisdizione di Capo Mele.
Nel febbraio 1801 ritorna nella sua Cervo ove si occupa degli interessi del Comune.
Nell'aprile 1803 viene chiamato a nuova carica; quella di Vice Provveditore nella giurisdizione degli Ulivi (San Remo).
Breve tempo rimase nel nuovo Ufficio, chè le dimissioni da lui presentate il 21 maggio furono accettate il 7 giugno sucessivo.
Passò gli ultimi mesi della sua vita a Cervo, occupandosi ad una traduzione dell'"Eneide" di Virgiglio, opera rimasta incompiuta.
Malato, la morte lo colse a 35 anni il quattro febbraio 1805.
La Gazzetta Ufficiale della Liguria, annunciando i gravi danni arrecati al comune di Cervo da una frana aggiungeva: "Ma quella Comune piange una perdita infinitamente maggiore nella immatura morte, accaduta il 4 corrente mese, del Cittadino Ambrogio Viale, giovane di 35 conosciuto sotto il nome arcadico di Solitario delle Alpi e stimato per i suoi talenti e più ancora per le sue virtù e rare qualità di un cuore onesto e sensibile".
Da "Echi di storia" di Ettore Deferrari, illustrazioni di Dino Durante.