La dimora - Associazione Culturale Ambrogio Viale - Cervo (IM)

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La dimora

Ambrogio Viale

I PALAZZI PATRONALI CERVESI:
LA CASA DEL "SOLITARIO DELLE ALPI"


[…] Dal pittoresco agglomerato di antiche costruzioni, sulle quali domina dall'alto la spettacolare chiesa barocca del '600, si staccano i suoi palazzi antichi; tra questi maggiormente attira l'attenzione del turista, appena giunto a Cervo, q uello Viale di via Marconi, che con la sua mole sembra messo là a trattenere la cascata di case che a gradinata scende verso il mare. Nel suo stile barocco rispecchia nell'insieme l'architettura di qualche palazzo genovese dell'epoca e abbiamo ragione di credere che genovese o della scuola genovese fosse il suo ideatore. Erroneamente dalle guide turistiche viene attribuito al '600 mentre fu nel '700 che i Viale, raggiunta, con la navigazione prima e quindi col commercio una certa agiatezza, si accinsero alla sua costruzione. Fino dal '500 un Gio Batta Viale, da considerarsi come il capostipite di questa famiglia mancando notizie anteriori alla sua morte avvenuta nel 1587, praticava la navigazione come padrone di barca corallina; padroni di bastimenti furono i suoi discendenti fino al 1740 quando Ambrogio Viale abbandonò la navigazione per dedicarsi interamente al commercio sia a Cervo che a Genova, commercio poi continuato dai figli: Giuseppe a Cervo, Antonio Domenico a Napoli, Francesco Saverio a Genova. A quest'epoca risale probabilmente la costruzione dell'artistico palazzo che maggiormente nel suo interno con affreschi, stucchi, ornati e grandi quadri ad olio raggiunge la fastositàdi ambienti gentilizi genovesi. Si deve alla coabitazione dell'altro fratello, il sacerdote Gio Batta, il simbolo eucaristico IHS che, scolpito su finta conchiglia di marmo, completa il barocco del portale d'ingresso.
Allo stesso è dovuta l'istituzione della cappella che s'apriva in una delle più belle camere del palazzo.

Dei fratelli Viale solo il primo ebbe discendenza. Ambrogio Viale, il solitario delle Alpi, sebbene di età superiore al fratello Tommaso, tutto dedito agli studi letterari, non si occupò degli affari paterni e visse usufruendo dei beni di famiglia fino alla sua prematura morte, avvenuta nel 1805, perchè la poesia, malgrado la stampa di alcune sue opere, né la politica, malgrado le cariche rivestite, potevano procurargli a quei tempi mezzi adeguati alla sua posizione.
Nel 1798 aveva sposato la diciannovenne Pellegrina Rivara di Rivarolo, che le fu compagna durante gli ultimi anni della sua vita. Dal 1801 al 1804 erano venute alla luce le sue tre figlie due delle quali pronunciarono poi i voti di castità presso le Madri Pie di Sanpierdarena, mentre la terza, colpita dallo stesso male che le aveva rapito il padre, lo seguì diciannovenne nella tomba. A tutte sopravvisse la madre che coabitò prima col cognato Tommaso, che riscattò in parte i beni paterni, ed il generale di cavalleria Lorenzo che, già in età avanzata fu, durante la prima guerra mondiale, presidente del Comitato della Croce Rossa di Diano Marina, dopo che a Cervo aveva rivestito importanti cariche pubbliche. Oggi il palazzo Viale, dopo essere stato di proprietà della contessa Andreina Citati, che con non comune senso artistico ne curò la sua migliore conservazione, è di proprietà comunale […].

Da "Echi di storia" di Ettore Deferrari, illustrazioni di Dino Durante.


GLI AFFRESCHI DEL PALAZZO VIALE DI CERVO:
INTRODUZIONE AD UNA LETTURA ICONOGRAFICA


[…] Il palazzo Viale appartiene al gruppo dei palazzi storici che caratterizzano l'antico borgo di Cervo.
La storia dell'immobile è legata strettamente alle vicende sociali ed economiche della famiglia Viale, che ne fu proprietaria fino agli inizi del Novecento, mentre i mutamenti edilizi sono frutto di una serie di accorpamenti di volumetrie preesistenti e di nuove costruzioni rese unitarie mediante un prospetto decorato a specchiature e sequenze ordinate di aperture con incorniciature di puro disegno settecentesco […].
[…] Non è senza ragione ipotizzare che l'esecuzione dell'impresa sia avvenuta in una fase non troppo avanzata nel corso del del XVIII secolo e comunque entro la prima metà del secolo, forse utilizzando sia le competenze architettoniche dei mastri architetti impegnati nella costruzione della nuova parrocchiale, che le capacità artistiche del Carrega nel disegno delle decorazioni esterne. L'erezione del palazzo si deve all'opera di Ambrogio Viale, discendente di una famiglia mercantile che costruì la propria fortuna economica armando le famose barche coralline, il quale verso il 1740 abbandona la navigazione per dedicarsi al commercio stanziale sia a Cervo che a Genova […].
[…] All'ultimo piano del palazzo sono situati gli ambienti più prestigiosi che si presentano decorati da una serie di raffinati dipinti murali, capaci di valorizzare le sale di ricevimento, le stanze da letto e la stessa cappella interna. Le decorazioni pittoriche sono quasi sicuramente attribuibili a Francesco Carrega, capostipite della omonima bottega, che opera a Cervo a partire dal 1760, ma in alcune parti sono riconoscibile gli interventi dei figli, Maurizio e Tommaso, nell'ottica di una promozione globale della bottega […].
[…] Al di sopra della porta d'ingresso all'alloggio e rappresentato lo stemma di famiglia, quindi si entra in un piccolo atrio di disimpegno nella cui volta è raffigurato un putto alato, una specie di "genio"  della casa, che regge un cartiglio con un motto, probabilmente quello della casata, che recita: PROMISIT DOMINUS CORONAM VIGILANTIBUS […].

La sala di Giunone - foto di Giovanna Cazzaniga

[…] Nella sala principale, detta di Giunone o dei venti, è rappresentata la scena che vede Eolo che apre la porta della cavernadove sono imprigionati i venti che si scagliano sulla flotta di Enea in navigazione tra Cartagine e la Sicilia; a lato è raffigurata Giunone, diretta responsabile dell'evento, circondata dai pavoni, suoi animali sacri. La dea, in quanto protettrice della città, tenta di dirottare i troiani  verso altri lidi per scongiurareil destino che attende la regina Didone. La raffigurazione può ritenersi una sorta di richiamo ideale al nome della famiglia Vento, una manifestazione di affetto e di onore verso una donna che andò in sposa all'esponente dei Viale che lo costruì o che lo fece decorare.
Lo sfondato architettonico, che inquadra la porzione di cielo ove si svolge la scena, si configura come un fondale di grande trasparenza che dilata lo spazio della sala, e appoggia su un cornicione illusivo a motivi decorativi mistilinei e vagamente rococò che conferiscono all'insieme una leggerzza e un'eleganza rilevanti. Sula lato corto in un riquadro sono rappresentate, sempre in relazione con le vicende della consorte di Zeus, le due divinità gemelle, Apollo e Diana, con la loro madre Latona; mentre dalla parte opposta è dipinto, sempre a monocromo, il dio Mercurio, inviato da Giove, in atto di sguainare la spada per uccidere il dormiente Argo che custodiva la principessa Io trasformata in giovenca da Giunone. Molto suggestive e sapientemente costruite dal punto di vista prospettico appaiono le figure alate, sbuffanti con forza sul riguardandein una sorta di coinvolgimento emotivo, che impersonano i venti.
Il grande arcobaleno, che attraversa l'intera scena, stabilisce un contatto iconografico con le vicende narrate in quanto mezzo adoperato dalla vicina dea Iris, la messaggera degli dei, inviata da Giunone a liberare l'anima di Didone che si era data la morte sul rogo. Un ulteriore legame con il vento è costituito dalla stessa dea Giunone che nelle allegorie dei quattro elementi rappresenta l'aria […].

La caduta di Fetonte - foto di Giovanna Cazzaniga

[…] Fetonte, istigato dalla madre o dalle sorelle, rivolge al padre Elio (confuso con Apollo) una preghiera, affinchè gli permetta di guidare il carro del sole. Successivamente, Fetonte fulminato da Giove, precipita dal carro ormai ingovernabile; i cavalli imbizzarriti incrociano la fascia dello zodiaco di cui viene rappresentato il segno del Toro (elemento non ancora interpretabile con precisione) […].
[…] Tra gli insegnamenti morali della rappresentazione vi è quella, di origine molto antica, secondo cui i padri non dovrebbero mai cedere alla volontà dei figli che ascoltano le esortazioni delle donne, ed è probabile che esista un fondamento di verità nella intenzione del committente di raccomandare ai membri della famiglia di non incrinare la solidità del legame fraterno, oltre che economico, della casata cedendo alle pressioni delle donne di casa, impedendo quindi il cresecere di elementi di discordia […].

Da "Communitas Diani", rivista periodica di studi storici e artistici;
Anno XXV - 2002 , articolo di Alfonso Sista

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